domenica 13 luglio 2008

Ricordando Gianfranco Funari


Gianfranco Funari nuotava nella televisione come un pesce nell’acqua, il video era l’elemento naturale dove i suoi diversi talenti - il cabarettista e il giornalista, il predicatore e il venditore, l’anarchico e il populista - trovavano il loro compimento, la loro ragione di esistenza. Se Pippo Baudo ha rappresentato la profonda anima democristiana della tv, Bongiorno la berlusconiana, se Costanzo ha strizzato l’occhio alla sinistra romana e Tortora è diventato un emblema delle battaglie radicali, Funari è stato l’anchorman della protesta, di quella che oggi si chiamerebbe l’antipolitica, della critica al sistema dei partiti , venata di qualunquismo, all’origine dello spirito leghista (e Bossi ieri ha ammesso: «Ci ha aiutato a crescere»), costruendo, alla fine, una sorta di dipietrismo ante litteram.

Con Funari, morto ieri a Milano all’età di 76 anni, se ne va uno dei protagonisti di una svolta nella storia della televisione italiana che vede la nascita del talk show “urlato”, il coinvolgimento del pubblico, la mutazione della politica in spettacolo, la deriva trash collegata anche ad un uso spregiudicato della pubblicità.

«Dopo Funari la tv è cambiata soprattutto nel rapporto con la pubblicità che lui aveva esasperato. Il suo modo di fare televisione faceva a cazzotti con quella a cui eravamo abituati» commenta Pippo Baudo. E aggiunge: «La sua rabbia era un po’ finta per dare vita ad un personaggio controcorrente ma alla fine non attaccava nessuno veramente».

L’ultima apparizione di Funari in tv risale allo scorso anno. Dopo un decennio era tornato su Raiuno con “Apocalypse Show”, prima serata del sabato sera che non aveva mancato di far discutere, anche per i bassi ascolti. La sua carriera quasi quarantennale nella tv era iniziata sulla Rai all’inizio degli anni Settanta, quando Funari aveva già al suo attivo un’esperienza di croupier e un ingresso nel mondo dello spettacolo grazie al cabaret. Il 30 aprile 1969 Funari fa il suo esordio al “Derby”, un anno dopo debutta sul piccolo schermo in “La domenica è un’altra cosa”, con Raffaele Pisu.

Nel 1987 viene cacciato dopo che aveva invitato Giorgio La Malfa in trasmissione, benché gli fosse stato ordinato di non farlo. All’inizio degli anni Novanta passa a Fininvest, litiga, fa causa e la vince, ma dura poco. Comincia una lunga stagione di trasmissioni in tv locali. Nel 1997 annuncia la candidatura a sindaco di Milano, va ad Hammamet per parlarne con Bettino Craxi che lo dissuade.

Alla fine del 2005, in un’intervista, Funari fa parlare di sé lanciando un appello in cui dice di essere ormai prossimo alla morte e invita i giovani a non fumare: «Ho cinque bypass, ragazzi, vi prego, non fumate. Non fumate!». In questa ultima fase Funari aveva acuito quello stile “profetico” - famosa la sua parodia da parte di Corrado Guzzanti - che lo faceva assomigliare un po’ al Peter Finch di “Quinto potere”, prototipo “antropologico” di ogni guru mediatico. Come ha detto Giovanni Minoli, che lo consacrò come star su Raidue con “Aboccaperta”, «di tv ne capiva come nessun altro, insieme a Tortora è stato uno dei più copiati».

Per questo era restio ad accettare regole e imposizioni e ciò gli ha provocato una carriera assai turbolenta e la qualifica di «ultimo eretico della tv» che gli regala Piero Chiambretti, uno dei suoi nipotini televisivi. Paolo Bonolis, un altro che in molti considerano un suo erede, lo ricorda così: «Se ne è andato dopo aver spremuto ogni energia dalla sua vita con grande intelligenza e forza. Ricordo le sue ultime interviste da me, quasi un testamento, in cui mostrò grande maturità verso l’idea della morte, una rarità di questi tempi in cui tutti ne siamo terrorizzati. Affrontava insieme con serenità e anche paura quel dubbio supremo verso ciò che ci aspetta e che non conosciamo».

Tornando al suo mondo, la tv, Bonolis sottolinea che Funari per il piccolo schermo «ha fatto tanto: qualcuno lo ha accusato di essere uno dei creatori del trash, che per me è assenza di anima dentro al prodotto tv, proprio l’opposto di quello che faceva Funari che di anima ne ha messa tanta. Combatteva il politically correct. Ha fatto la tv ma non ci stava tanto, molti, invece, ci stanno e non la fanno. Ha spostato il limite un po’ più avanti, sia nella forma che nei contenuti. Ma la sua vera invenzione è stato questo rapporto con la telecamera, quasi carnale, per rendere tridimensionale, cioè più vero, quello che è solo bidimensionale».

Uno stile che sarà possibile rivedere in questi giorni: tutte le reti, fin da ieri sera, hanno rivoluzionato la programmazione per rendergli omaggio. I funerali di Gianfranco Funari saranno celebrati martedì alle 14,45 nella chiesa di San Marco, in centro a Milano.

Sito personale: www.gianfrancofunari.com

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